“LU Magazine” è la rivista capace di soddisfare la curiosità dei lettori di qualsiasi età.
E’ frutto di un progetto editoriale innovativo ed accattivante. La comprensibilità dei contenuti assicura una piacevole lettura.
Laurian, poliedrico artista outsider, ritrae nelle sue tele situazioni, ambienti o paesaggi trasfigurati in scorci quotidiani immersi spesso in giochi di riflessi temporali o di memoria con lo spettatore, quasi fermi immagine di un ipotetico conflitto tra il tempo relativo e tempo assoluto o storico. Cromatismo armonico ed avvolgente; le opere di Laurian sono un inno alla bellezza ricercata nell’eterna e quotidiana esperienza umana.
Laurian, come ti sei avvicinato all’arte e quando hai deciso di intraprendere il percorso artistico?
Intorno all’anno 2000 ho sentito la necessità di intraprendere un mio percorso artistico, con l’idea di avvicinare l’arte all’immediatezza e impalpabilità della poesia e della musica. Son sempre stato attratto dall’arte e dalla musica, sin da bambino. Mio padre è stato pittore per un certo periodo, come tanti altri nella mia famiglia. Son cresciuto tra libri d’arte.
Quali sono state le esperienze determinanti per la tua formazione?
Davvero determinanti potrei citarne quattro: aver posato come modello da ragazzo (mio fratello è artista), esser stato gallerista di mostre d’arte negli anni dell’università (negli anni ottanta ho allestito mostre di Transavanguardia ed Arte povera), aver suonato in diverse rock band romane ed aver scritto novelle e romanzi. Sono esperienze apparentemente diverse e forse lontane tra loro ma in realtà hanno tutte contribuito in maniera decisiva alla formazione della mia particolare sensibilità percettiva, nella capacità di leggere e percepire l’essenziale e magari sintetizzarlo su tela.
Come nascono le tue opere e quali sono i soggetti che prediligi?
Il contrasto, l’accostamento cromatico è il primo ingrediente necessario, ciò che muove la struttura sottostante. Picasso collocava i colori sulla tela “per vederli muovere”; col tempo ho capito cosa intendesse dire. I colori tra loro dialogano, tracimano, s’intersecano, si muovono, si contorcono. I colori si annullano o si potenziano muovendosi per sottili linee percettive sulla tela. Movimenti che cambiano a seconda di chi osserva il quadro. E’ un lavoro caleidoscopico intenso. In genere scelgo due o tre colori in contrasto e poi il resto della struttura segue.
Quale impressione cerchi di suscitare in chi osserva i tuoi dipinti?
Il contatto coi suoi paesaggi interiori, lo stupore come canale collaborativo tra chi guarda e chi ritrae per far emergere una verità condivisa. Nell’epoca del bombardamento mediatico, si è perso il senso dell’incanto e della meraviglia e del trasecolare come mezzo espressivo e conoscitivo. I danzatori dervisci, la taranta pugliese o certa arte performativa son tutte forme d’arte che creano una collaborazione tra chi osserva e chi agisce. E’ così che l’arte comunica oltre il sé.
In che misura l’arte può influire sulle abitudini ed i comportamenti delle masse?
Dostoevskij aveva senz’altro ragione nell’indicare la bellezza come unica forma di salvezza e di riscatto. L’arte, se fatta col cuore e soprattutto per il cuore, può davvero compiere il miracolo di svegliare la bella addormentata nel bosco, la coscienza callosa, dura e indifferente collettiva d’oggi. L’uomo è divenuto impermeabile ai sentimenti e nega la sua stessa natura di continuo. E’ intinto come un biscotto nella globalizzazione dell’indifferenza, come la chiama Papa Francesco.
Quali sono i messaggi alla base della tua produzione artistica?
Il mondo, l’universo, sono e vivono dentro di noi. Il mondo è davvero lo specchio di quello che siamo: noi percepiamo il riflesso di ciò che creiamo ogni giorno, alzandoci e creando la nostra tavolozza. Il mondo ci guarda e siamo noi gli artisti che lo creano, in un misterioso gioco di specchi. Ecco l’importanza dell’arte, dell’impegno di ciascuno di noi nel proporre un mondo nuovo.
Una valutazione critica del tuo operato…
Semplificare. Sto ancora tentando di abbattere la forma, scoprire il tratto come ideogramma e simbolo, vedere attraverso i colori. Tradurre la forza col semplice gesto del pennello, come nei busti incompiuti di Michelangelo.
Progetti futuri?
Cimentarmi di nuovo con tele grandi, oltre i due metri. Mi son fermato 10 anni fa, dopo una sorta di colluttazione, esausto. Ne ho fatte cinque, poi mi son fermato. Ma è ora di tornare sul luogo del delitto; c’è un richiamo a cui devo rispondere.
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